Conclusioni

È del tutto evidente che l’impianto della ricerca ha lo scopo fondamentale di proporre prospettive, partendo dalla consistenza del quadro generale, e non solo di quello rilevato in questa circostanza, della comunità del territorio.

Occorre fissare, perciò, un punto di ri-partenza. Si è posta la questione della “dispersione” di risorse umane, di capitale sociale. Si è affrontato il problema del dropping-out, delle difficoltà scolastiche e di contesto socio-culturale, delle strategie di intervento per una possibile intergrazione/re-integrazione.

Riflettere sul “disperdere”, significa addentrarsi in campi semantici differenti. Da un lato, dispersività come “auto-dispersività”, strettamente legata al termine di insuccesso come fattore esclusivamente personale, incapacità del soggetto di raggiungere i propri obiettivi.

Se ci poniamo in un’ottica sistemica, e consideriamo il soggetto nel contesto, il termine “dispersività” va considerato come evento proprio di un sistema che non possiede gli strumenti adeguati per “trattenere presso di sé” e per questo “mette in scacco” esso stesso il soggetto.

La “dispersione” va riferita allora ad un sistema complesso di eventi, fattori, relazioni che fanno sì che una “goccia vada fuori”, qual è la traduzione letterale del termine inglese “drop-out”.

All’interno del fenomeno della dispersione si sono ancora notate differenti modalità di espressione del disagio. In particolare diverse “categorie” di allievi, espressione fenomenologica del malessere scolastico, dai Pushout ai Disaffiliated, alle educational mortalities; dai Capable drop-out agli studenti stop-out, ai “dropped-out”; ai “tuned-out”.

Analizzando, quindi, il dropping-out in un’ottica sistemica è possibile non solo delineare le differenti modalità attraverso le quali esso si concretizza in diverse tipologie di “reazione” al sistema formativo, ma anche valutare i fattori implicati nell’”evento dispersione”, al fine di monitorarne l’influenza.

Il primo fattore da prendere in considerazione – quello relativo all’organizzazione neuro-psico-sociale degli studenti stessi – comprende le caratteristiche socio-economiche-culturali e le dinamiche psicologiche proprie di ciascun soggetto, che ne influenzano le relazioni con l’istituzione scolastica, la pressione del gruppo dei pari e la percezione delle attività extrascolastiche come più attraenti rispetto alle proposte della scuola.

L’organizzazione scolastica si pone, perciò, come importante fattore all’interno del processo che porta al contrasto della dispersione, ed in particolare è possibile evidenziarne elementi che non permettono di “trattenere” questi ragazzi: la qualità del processo insegnamento/apprendimento, un corretto orientamento, la sensibilità nei confronti dei problemi dei giovani, una scuola mai più fondata sul principio del modello/scarto, la dovuta attenzione nei confronti della personalizzazione del percorso educativo.

Importanti sono anche gli “atteggiamenti” delle famiglie, dei docenti e degli allievi verso la scuola, il modo in cui essi influiscono sulla concreta esperienza scolastica dello studente e la percezione e metapercezione fra docenti e allievi che contribuiscono a creare il “vissuto” scolastico dello studente.

L’ultimo elemento fa riferimento agli orientamenti macrosistemici, legati alle condizioni socio-economico-politiche nel governo del Sistema-Scuola, alle innovazioni, ai cambiamenti sociali, alla presenza di vari fenomeni sociali quali la devianza e la diffusione della droga e delle altre dipendenze.

È possibile, allora, ipotizzare un percorso attraverso il quale si sviluppa il circolo vizioso del  drop-out: partendo da una demotivazione e svalutazione della scuola, si attivano percezioni legate alle relazioni intrascolastiche (percezione di essere rifiutato dagli insegnanti e dal gruppo dei pari) e l’attivazione di relazioni preferenziali con pari devianti, che portano ad un desiderio manifesto di abbandonare la scuola.

La dispersione scolastica, dunque, evidenzia la rottura del patto formativo fra scuola e individuo e l’interruzione di una relazione.

La ricostruzione di tale patto – e l’interruzione del circolo vizioso – può nascere solo dalla creazione di una “scuola orientativa” che senta la necessità di riscoprire un “incontro delle menti” e la possibilità di sviluppare una comprensione del perché la relazione sta per interrompersi, per ricostruirla attraverso paradigmi basati sulla complementarietà e la reciprocità, responsabilità reciproca nei processi di insegnamento/apprendimento: una relazione intersoggettiva che si fondi sull’impegno di entrambi i partner della relazione educativa, al fine di creare sinergie e sintonizzazioni. I dati descritti rivelano, quindi, come sia necessario un intervento mirato sul contesto e le auspicabili, anzi necessarie, sinergie.

L’Ente locale, per parte sua, dovrà assumersi l’onere di:

  • Ampliare e diffondere il lavoro di rete a supporto delle famiglie più deboli e/o multiproblematiche;
  • Promuovere la stipula di protocolli di “azione” fra le diverse istituzioni (EE.LL, Giustizia, Org, Terzo settore, scuola…) a livello di area per agire in modo coordinato e sinergico;
  • Di implementare servizi socio-educativi per ampliare il coinvolgimento/sostegno alle famiglie (es. Servizi Educativi Domiciliari, Centri Aggregativi Territoriali, …);
  • Rafforzare azioni di monitoraggio ed intervento interistituzionale per contrastare  le varie forme del disagio minorile (dispersione scolastica, bullismo, criminalità, maltrattamenti, dipendenze da droghe, alcool, videogiochi, …)
  • Ampliare ed arricchire i percorsi formativi degli studenti, rivolgendo particolare attenzione allo sviluppo di strategie di ri-motivazione e ri-orientamento allo studio;
  • Promuovere la formazione specifica dei docenti in materia di dispersione scolastica e di difficoltà di apprendimento.

All’interno della dimensione scolastica si deve guardare ai non ammessi ed al debito formativo.

Per far fronte al primo fenomeno la scuola dovrebbe:

  • Attivare percorsi/progetti di prevenzione per la presa in carico precoce e/o mirata, al suo interno, delle situazioni di Learning Disabilities (dislessie, discalculie, …) in collaborazione e con il supporto dei Servizi del Territorio;
  • Potenziare la formazione psicopedagogica e metodologico-didattica dei docenti (con particolare riguardo alla secondaria di secondo grado)

Relativamente al secondo fenomeno la scuola dovrebbe:

  • Migliorare e/o rafforzare le azioni di continuità ed orientamento fra i diversi ordini di scuola;
  • Favorire negli studenti l’acquisizione di adeguati “metodi di studio” promuovendo le competenze metacognitive e supportare i docenti attraverso percorsi formativi specifici volti allo sviluppo della didattica metacognitiva e orientativa.

In ultimo, come linea d’azione comune, pare indispensabile consolidare la presenza nel territorio di organismi interistituzionali (per Es. Gli osservatori di Area) in grado di controllare ed intervenire su fenomeni emergenti di disagio giovanile.

 
credits:CSL Puglia