Integrazione dei sistemi formativi contro la dispersione

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1. Docenti

PERCEPISCONO che il tema della dispersione scolastica, richiamando le molteplici cause generatrici di disagio giovanile (cause di origine scolastica, familiare, socioculturale, valoriale…) nessuna delle quali, peraltro, può da sola spiegare la diffusione e la gravità del fenomeno, complessivamente riconducibile ad una percezione di nonsenso della propria esistenza, è un fenomeno multifattoriale?

Sono numerose le indagini scientifiche che mostrano come la scuola venga percepita poco capace di educare ad un pensiero critico e gli insegnanti siano considerati in parte inadeguati al compito educativo loro affidato. In sintesi, la scuola viene sentita come poco adeguata alla promozione del “bene-essere” dei ragazzi, che deriva innanzitutto dal vivere la scuola come luogo di maturazione di risposte alle proprie domande esistenziali.

Può dirsi, in altri termini, che queste indagini evidenziano il limite di una impostazione didattica che si esaurisca solo in una metodologia di trasmissione delle competenze disciplinari; il docente è piuttosto chiamato a declinare le finalità generali del sistema scolastico all’interno di una rinnovata capacità di relazioni educative. Per questo la legge n. 53/2003 definisce il nostro come sistema educativo di istruzione e formazione: è il termine educativo che va recuperato e continuamente risignificato, nell’esercizio quotidiano del rischio educativo, in un tentativo permanente di costruzione, appunto, di relazioni educative in actu esercito, vissute nella realizzazione dei percorsi disciplinari. Il dato quantitativo della dispersione scolastica in Emilia-Romagna appare tutto sommato positivo, se si considera il solo fatto che nella nostra regione la dispersione scolastica è inferiore alla media nazionale. Questo però non può bastare e la scuola è chiamata instancabilmente a realizzare gli obiettivi di contrasto al disagio ed alla dispersione scolastica che, nell’ambito delle reciproche competenze costituzionali, lo Stato ha inteso richiamare ponendo al centro delle norme generali dell’istruzione il principio di personalizzazione e la Regione ha inteso a sua volta affermare come obiettivo prioritario con lo slogan sintetico “non uno di meno”.

SI METTONO IN GIOCO: la relazione educativa di cui gli studenti necessitano non nasce dalle tecniche (comunque utili), quanto piuttosto dal mettersi in gioco del docente, giorno dopo giorno, con la propria competenza ed il proprio spessore umano.

Un’evidenza che emerge dai risultati delle indagini che qui si presentano: per la gran parte, le esperienze illustrate sono derivate dall’apporto di capitale sociale positivo espresso dal territorio a sostegno del sistema educativo di istruzione e formazione. Il capitale sociale è un bene immateriale rappresentato da una struttura a rete di relazioni sociali fra soggetti individuali o collettivi. Si tratta di un capitale “fragile”, perché non è comune la propensione ad investire intenzionalmente una risorsa la cui potenziale utilità non è divisibile e appropriabile. In altre parole, è possibile contribuire al capitale sociale solo in un orizzonte di solidarietà.

Il capitale sociale formatosi all’interno della famiglia, quello costruito all’interno della propria comunità territoriale, nei gruppi, nelle associazioni ecc. gioca un ruolo fondamentale nella creazione del capitale umano della generazione in formazione.

Questo senza disconoscere la grande influenza, nella formazione dei giovani, del capitale finanziario ed umano.

SANNO ANCORA CHE: è stato ampiamente evidenziato da numerose ricerche che un’alta disponibilità di capitale sociale si traduce, fra l’altro, in una bassa percentuale di dispersione scolastica e che le scuole con i migliori risultati in termini di ridotta dispersione scolastica sono quelle operanti in un circondario dove la comunità territoriale (famiglie, comunità, enti locali ed istituzioni ecc.) assegna un grande rilievo al’educazione ed è conseguentemente operativa in tal senso; al contrario, i risultati negativi corrispondono a scuole non adeguatamente correlate con la comunità territoriale e le famiglie da queste non sufficientemente sostenute.

Ebbene, i risultati delle indagini che qui si presentano evidenziano esperienze spesso espressione di una stretta collaborazione della scuola con realtà associative, di volontariato, di promozione sociale; a dimostrazione che il territorio regionale è in grado di esprimere e mettere al servizio del sistema educativo un ricco capitale sociale. Si tratta di evidenze che costituiscono piste di lavoro per le istituzioni scolastiche, chiamate con sempre rinnovato vigore ad affrontare il tema del disagio giovanile e della dispersione scolastica con il sostegno di un capitale sociale ricco de forse ancora in parte inespresso. In altri termini, le ricerche di cui si tratta confermano la validità del proverbio africano secondo cui “ci vuole un villaggio per crescere un bambino”, ci vuole cioè il coinvolgimento della comunità per sostenere l’azione educativa della scuola: realizzare questo coinvolgimento significa costruire quella che possiamo sinteticamente definire una scuola della società civile.

2.Metodologia

  • Mentoring
  • Ricerca-Azione
  • Cooperative-learning
  • Mastery learning

3. Progettualità: parte conclusiva

Nel confronto tra il 2000 e il 2005, per i giovani 18-24enni con la sola licenza media e non più in formazione (early school leavers) per cento coetanei, l’Italia era al terzultimo posto nella classifica EUROSTAT:

Paese 2000 2005  
Finlandia 8,9 8,7 -0,2
Danimarca 11,6 8,5 -3,1
Francia 13,3 12,6 -0,7
Germania 14,9 12,1 -2,8
Olanda 15,5 13,6 -1,9
Europa a 25 15,9 14,9 -1
Grecia 18,2 13,3 -4,9
Regno Unito 18,4 14,0 -4,4
Italia 25,3 21,9 -3,4
Spagna 29,1 30,8 +1,7
Portogallo 42,6 38,6 -4

Obiettivo al 2010 = 10,0

È da sottolineare che le percentuali più basse di giovani in possesso della sola licenza media di registra nel Nord Europa. In Paesi (Finlandia e Danimarca) con sistemi di welfare molto avanzati, a conferma della prospettiva più volte rilevata che connette la cittadinanza sociale matura con l’investimento diffuso in istruzione e formazione.

Altri dati significativi sono: la performance negativa, unica nel panorama dei paesi presi in esame, della Spagna, che ha registrato quasi due punti percentuale nella perdita di accessi all’istruzione post-obbligo, e le percentuali degli esclusi dai percorsi superiori in Portogallo, circa quattro volte superiori ai coetanei della Finlandia.

Nel programma italiano, non meno critica è la situazione nella Regione Puglia: 18-24enni con la sola licenza media e non più in formazione (early school leavers) per Regione (per 100 coetanei) – Anno 2006.

Regione Valore %
Basilicata 12,6
Lazio 13,6
Toscana 13,7
Umbria 14,0
Molise 14,7
Veneto 14,9
Abruzzo 15,4
Emilia-Romagna 15,7
Friuli 15,8
Liguria 16,3
Calabria 17,7
Valle d’Aosta 18,9
Trentino A.A. 18,9
Marche 19,3
Piemonte 19,5
Lombardia 20,0
Campania 25,0
Puglia 27,7
Sardegna 29,7
Sicilia 30,4

Fonte: ISTAT Rilevazione forze di lavoro – Media Italia = 20,6

La Puglia, al terzultimo posto, preceduta dalla Campania ed insieme con altre due regioni del Mezzogiorno, ha fatto registrare nello scorso anno una percentuale di “fermi” alla scuola dell’obbligo che è più del doppio della migliore performance ottenuta, in questa graduatoria, proprio da un’altra regione del sud, la Basilicata. Lo si rileva come dato, con una certa valenza anche simbolica, fermo restando che dall’esame della tabella il fenomeno della perdita di risorse da parte del sistema coinvolge tutte le aree geografiche del paese con percentuali che impongono l’adozione di policies adeguate e coerenti con la nostra posizione in Europa, che ha posto come obiettivo da raggiungere entro il 2010 la media del 10% di early school leavers.

Prendendo a riferimento il documento ufficiale su La dispersione scolastica – indicatori di base per l’analisi del fenomeno – Anno scolastico 2004/2005, Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Geberale Studi e Programmazione-Ufficio di Statistica-SISTAN, Dicembre 2006, e considerando le percentual a livello regionale, il raggiungimento dell’obbiettivo appare piuttosto difficoltoso per la Puglia, la Sardegna e la Sicilia dove circa il 30% dei ragazzi è fermo alla licenza media e non frequenta alcun corso di riqualificazione professionale. Nessuna regione presenta attualmente un livello di dispersione al di sotto del 10%, mentre tra le regioni con situazioni più favorevoli, la Basilicata, il Lazio, la Toscana e l’Umbria dovrebbero recuperare non più di quattro punti percentuali.

Ci sono poi da considerare gli elementi di rischio e alcuni indicatori di “disagio” nei percorsi di apprendimento. Uno dei principali fattori che influiscono sul rischio di uscita dal sistema scolastico è la mancanza di regolarità negli studi dovuta agli insuccessi scolastici, sia essa formalizzata o meno.

Le maggiori difficoltà si determinano soprattutto all’inizio dei due cicli di istruzione, quando lo studente si trova ad affrontare un nuovo clima, nuove discipline e nuovi metodi di studio: il 2,9% degli studenti di primo grado e il 18,1% del secondo grado devono ripetere il primo anno, quota che si va riducendo al crescere degli anni di corso. Il passaggio tra il primo e il secondo grado della scuola superiore rappresenta un vero salto e fa emergere, inoltre, le difficoltà legate alla scelta di un percorso di studi probabilmente inadeguato alle proprie capacità ed interessi, alla inadeguatezza delle pratiche orientative ed alla prevalente, talvolta, motivazione a competere tra le scuole superiori.

Con l’abolizione degli esami di riparazione, poi, lo studente della scuola secondaria di secondo grado che presenta delle insufficienze in una o più materie, può , in sede di scrutinio, essere promosso “con debito”.  Il recupero delle carenze formative, che hanno determinato il debito e che viene effettuato nel corso dell’anno scolastico successivo tramite la partecipazione a corsi di recupero, laddove attivati, ha riguardato, nell’anno scolastico 2004-2005, ben il 36,3% degli studenti scrutinati.

L’ammissione con debito formativo indica comunque una difficoltà nell’apprendimento di alcune materie, difficoltà che risulta maggiore per chi frequenta gli istituti professionali (41,8% degli scrutinati deve recuperare un debito), gli istituti di istruzione artistica (39,8%) e i tecnici (39,4%).

Analizzando l’indagine degli scrutini, pur non evidentemente esaustiva dei fenomeni di abbandono e/o evasione, si rileva il numero di studenti che non sonon valutati in sede di scrutinio finale, ad esempio per interruzione di frequenza. Diviene così utile per conoscere situazioni di abbandono in senso stretto. Il fallito passaggio all’anno successivo produce due possibili comportamenti: la ripetenza o l’abbandono.

Le ripetenze, soprattutto se reiterate, causano un prolungamento del percorso scolastico che frequentemente si associa a fenomeni di scarsa motivazione nel proseguimento degli studi; si può notare, infatti, come la quota dei ripetenti sia quasi la metà di quella dei non ammessi alla classe successiva, per cui non tutti coloro che sono non ammessi si iscrivono nuovamente a scuola. L’incidenza dei ripetenti nella secondaria si secondo grado assume una dimensione di particolare consistenza al primo anno di corso (8,9%) facendosi via via meno rilevante nei successivi (3% al quinto anno). Il fenomeno caratterizza maggiormente gli istituti professionali es artistici nei quali, rispettivamente, il 12,7% e il 12% degli alunni del primo anno è ripetente, riducendosi negli anni successivi anche se il 7,8% del terzo anno rimane significativo.

La fase di valutazione  è da considerarsi un altro momento delicato nel percorso scolastico dello studente. Sempre nell’analisi del Ministero, si rileva lo scenario che si determina dopo lo scrutinio finale nella scuola secondaria di secondo grado che, nel caso di risultato negativo, contribuisce ad accrescere la propensione all’abbandono degli studi.

Prendendo sempre a riferimento i dati dell’anno scolastico 2004-2005 su 100 iscritti iniziali della scuola secondaria di secondo grado, accade che 17 studenti non riescono a concludere positivamente il proprio anno di studi: in particolare 4 dei 100 iscritti iniziali non vengono valutati in sede di scrutinio in quanto ritirati durante l’anno scolastico, mentre gli altri 13 dovranno ripetere l’anno di corso. Solo il 48% degli studenti riesce a portare a termine l’anno con un risultato pienamente positivo, mentre il 35%, anche se promosso, dovrà recuperare uno o più debiti formativi.

Le interruzioni di frequenza non motivate poi (interruzioni non formalizzate) rappresentano il bacino d’elezione nel quale si realizza l’abbandono. Nella scuola secondaria di primo grado i valori del fenomeno sono tendenzialmente prossimi allo zero. Nelle scuole secondarie di secondo gtrado, invece, essi salgono (1,5%) soprattutto se ci si sposta a Sud (2%) e nelle isole (2,9%). Gli iscritti più esposti al pericolo di esodo anticipato dal percorso scolastico sono principalmente quelli del primo anno. Anche in questo caso Sud e le Isole sono le aree caratterizzate da un0incidenza dell’abbandono non formalizzato superiore alla media nazionale (più di quattro studenti su cento decidono di abbandonare gli studi senza formalizzare l’interruzione).

L’intensità del fenomeno a livello territoriale che, come si è visto, si manifesta soprattutto nel primo anno di scuola, in percentuali di abbandono, è stata classificata in tre classi:

  1. Livello di abbandono “alto” quando, su 100 iscritti, la percentuale dei non valutati al primo anno per interruzioni non formalizzate è maggiore del 3%
  2. Livello di abbandono “medio” se le percentuali sono comprese tra 1,5% e 3%;
  3. Livello di abbandono “basso” per valori inferiori all’1,5%

In particolare le regioni dove il rischio di abbandono è alto risultano essere la Campania, la Puglia, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. Le regioni del centro fanno registrare un disagio più contenuto, mentre nel nord Italia il rischio di allontanamento dalla scuola è basso, eccezion fatta per Liguria e Friuli.

Il documento preso in esame fornisce ancora ulteriori elementi di riflessione. L’insuccesso scolastico, sommandosi poi agli abbandoni durante il percorso degli studi, fa si che il diploma non venga comunque raggiunto da una quota significativa di alunni. Quasi un terzo dei giovani che, conseguita la licenza media, si iscrive al ciclo successivo non riesce a concludere positivamente gli studi ottenendo un diploma.

La propensione dei giovani a concludere gli studi dipende non solo dalla capacità di attrazione del sistema scolastico ma anche dalle prospettive e dalle possibilità offerte dal mondo del lavoro. Questo potrebbe spiegare perché gli istituti tecnici del Nord presentano più basse chances di ottenimento di un diploma rispetto alle altre aree.

La bassa probabilità di conseguimento del diploma negli istituti professionali è invece motivata dalla presenza di una qualifica intermedia al terzo anno che p ritenuta da molti giovani un raggiungimento del loro traguardo scolastico.

La propensione a conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado è l’evidente risultato della scelta dei ragazzi a rimanere o meno a scuola.

Come si è rilevato dai dati delle interruzioni di frequenza, l’abbandono della scuola non è concentrato solo nelle aree depresse ma risulta un fenomeno trasversale e diffuso anche in regioni sviluppate economicamente. L’inserimento precoce nel mondo del lavoro, che si determina in zon in cui il lavoro offerto dalle imprese è così abbondante, produce pertanto un effetto di spiazzamento nei confronti del sistema scolastico formativo. Questo fenomeno si riscontra, ad esempio, in Lombardia e in altre aree del Nord Est dove la prospettiva di un immediato inserimento nel mondo del lavoro fa apparire poco proficuo un percorso di istruzione e formazione. In questi casi ci si trova di fronte a fenomeni di abbandono che potrebbero rappresentare un rischio per la decrescita del livello professionale delle occupazioni.

La mancata partecipazione al sistema scolastico ha riflessi sull’indicatore di sintesi del sistema. Il tasso di scolarizzazione. È da considerare però che nel calcolo del tasso di scolarità, nel segmento di età riferito alle scuole secondarie di secondo grado, restano esclusi i partecipanti a corsi di formazione professionale. Visto il ruolo che questi centri di formazione professionale hanno in alcune realtà territoriali, è importante tenerne conto nel valutare le differenze nel livello di scolarizzazione tra le diverse aree del Paese. Nel Trentino Alto Adige, ad esempio, se si considerano i soli iscritti alle scuole secondarie di secondo grado, si ottiene un tasso di scolarità pari all’84% mentre aggiungendo gli iscritti nei centri di formazione professionale regionale il tasso di iscritti raggiunge un valore superiore al 96%.

Si comprende bene, allora, perché le azioni per il recupero di un apprezzabile numero di giovani, avviate in Regione con l’Obbligo Formativo Sperimentale, che formalizza un’alleanza strategica nel sistema integrato istruzione/formazione, tra luci ed ombre, ha messo in campo una pratica cooperativa con notevoli potenzialità di efficacia, tra istituti di istruzione superiore e CFP, se ha comportato come esito il rientro consapevole e motivato all’investimento nei saperi e nelle competenze di un apprezzabile, anche quantitativamente, numero di giovani.

Per tutte le considerazioni esposte occorre una straordinaria attenzione perché le azioni intraprese dalla Regione e dagli Enti locali per prevenire l’abbandono precoce degli studi, per contrastare il disagio giovanile, per agevolare l’integrazione scolastica degli alunni in difficoltà, per favorire la maturazione di scelte consapevoli, abbiano la adeguata implementazione e organicità, divengano in qualche modo ‘di sistema’, strutturali.

Vale sempre rammentare che, su questo versante, ha valenza prioritaria lo scenario di obiettivo della Programmazione Strategica pugliese 2007- 2013.

Le istituzioni scolastiche sono quindi chiamate ad adempiere, per parte propria, al una mission educativa che tenga in conto i continui mutamenti della società e i fenomeni prodotti dal cambiamento. Senza tale consapevolezza, la qualità del sistema scolastico regionale viene messa duramente alla prova. E’ un compito delicato e complesso che, nell’esercizio dell’autonomia, le scuole possono affrontare con migliori possibilità di successo, affiancate dal sostegno delle istituzioni, in particolare Regione ed Enti locali, che, per competenza e convinzione, riconoscono nella prevenzione e nella lotta alla dispersione scolastica un tema prioritario di intervento: ogni giovane che non raggiunge il successo formativo rappresenta una perdita di risorse umane, con conseguenze pesantemente negative per tutta la società regionale nelle sue diverse componenti.

Un progetto straordinario che attraversi le criticità sociali ed esistenziali, un’alleanza interistituzionale e sociale, una prospettiva culturale nuove ri-fondata sulla conoscenza.

Il tema della dispersione scolastica, inoltre, funge da contenitore di situazioni e motivazioni molto diverse fra loro, che non sempre la singola scuola è in grado di fronteggiare: si ritiene quindi importante incentivare la progettualità del sistema integrato istruzione/formazione, delle scuole in rete fra loro, affinché dall’agire insieme possano emergere piste di lavoro comuni, utili ad affrontare in maniera più incisiva problematiche così complesse.

In questa prospettiva, dall’indagine è emerso che occorrerebbe lavorare per un impianto coeso delle opportunità, per un Piano unitario e complessivo dell’Offerta Formativa in funzione della continuità dei percorsi fino al successo per ogni giovane.

In ragione di tale complessità, e sempre nella logica di rafforzare le relazioni fra le autonomie scolastiche ed il territorio in cui operano, è altresì rilevante valorizzare gli apporti dei tanti soggetti che sul territorio hanno maturato esperienze di sostegno e di servizio a favore del continuo miglioramento qualitativo del sistema scolastico e che, in partenariato con le istituzioni scolastiche, possono contribuire ad una proficua realizzazione dei progetti.

A tale proposito, vanno in particolare sottolineate le azioni degli Enti locali indirizzate in questi anni a creare le condizioni per affiancare le scuole nel loro compito educativo, ivi compreso l’ambito specifico della lotta alla dispersione scolastica, anche attraverso l’elaborazione di progetti mirati allo ‘star bene a scuola’ ed al contrasto dei comportamenti devianti o a rischio di devianza; la messa a disposizione di risorse finanziarie, professionali, strumentali; l’attivazione di sedi o modalità per l’ascolto e la condivisione di problemi e soluzioni.

Un piano quindi dal quale ricavare anche indicazioni sulle azioni ritenute più efficaci e più praticabili dalle scuole, al fine di trarre dalle esperienze concrete elementi per una strategia di sistema, coerente e coordinata, che non si limiti alla lettura del dato statistico, ma sia in grado di interpretarne gli aspetti qualitativi e di intervenire di conseguenza.

Un progetto che abbia come finalità:

  1. Sostenere l’innalzamento generalizzato dei livelli di istruzione/formazione dei giovani e favorire il successo scolastico e formativo attivando azioni anche parallele, complementari e coordinate all’offerta di istruzione, volte a prevenire e contrastare l’abbandono.
  2. Rafforzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche attraverso la realizzazione ed il consolidamento di reti e forme di partenariato perché possano garantirsi validi supporti per lo svolgimento delle attività proprie in rapporto al territorio, interpretando un ruolo virtuoso ed efficace nella società della complessità.
  3. Migliorare la qualità del sistema d’istruzione/formazione attraverso una più efficace e coerente corrispondenza fra le risorse a disposizione ed i bisogni espressi dai giovani, attraverso l’implementazione di soluzioni pedagogiche innovative e una maggiore attenzione al ruolo degli insegnanti e di tutti coloro che intervengono nel processo educativo.

E che preveda le seguenti azioni, poste come base necessaria ma implementabili in fase di programmazione:

  1. Potenziamento delle azioni di accoglienza, orientamento/riorientamento, tutoraggio ed accompagnamento a favore degli studenti, ivi compresa la promozione di attività di raccordo, dialogo e scambio con le famiglie, al fine di sensibilizzarle alle problematiche della dispersione scolastica e di coinvolgerle in azioni positive;
  2. Sperimentazione di interventi, strumentazioni e metodologie didattiche innovative, anche personalizzate e di gruppo, finalizzate a:
    • Rimotivazione degli studenti, con particolare attenzione alla sfera affettivo-relazionale ed al processo insegnamento-apprendimento;
    • Acquisizione e attualizzazione delle competenze di base al fine di agevolare la prosecuzione del percorso di studio e, ove vi siano studenti stranieri, l’apprendimento ed il potenziamento della lingua italiana, al fine di contribuire ad un loro positivo inserimento nel sistema scolastico regionale;
    • Sviluppo di linguaggi espressivi molteplici volti ad innovare il ‘clima culturale’ e favorire il benessere a scuola;
    • Attivazione di una didattica per competenze utilizzando in particolare strumenti e materiali prodotti a seguito di esperienze condotte a livello locale, nazionale ed europeo;
    • Realizzazione di interventi di formazione continua del personale appartenente alla scuola e/o utilizzato dalla medesima per la realizzazione del progetto, finalizzati allo scambio di esperienze, buone prassi, strumenti, documentazione, conoscenze e competenze efficaci per la lotta alla dispersione scolastica, attraverso il ricorso ad un mix di approcci metodologici e didattici orientati all’innovazione ed al cambiamento.

  3. Scambi e diffusioni di esperienze, buone prassi, strumenti e competenze efficaci per la lotta alla dispersione scolastica, attraverso approcci metodologici e didattici orientati all’innovazione, al cambiamento e alla flessibilità;
  4. Adozione di adeguate metodologie e strumenti di monitoraggio e valutazione dei processi, in coerenza che le prassi adottate dagli istituti di rilevazione, nazionale ed europeo;
  5. Documentazione e diffusione delle buone prassi trasferibili, fondate sulle specificità territoriali, in grado di rilevare gli indicatori di problematicità, ma aperte alla vision della “società cognitiva”;

Una società, vale ancora sottolinearlo, in relazione a quanto rilevato, rispetto ai bisogni individuali percepiti nonché agli esiti attesi di più ampio interesse sociale, che tenga in conto la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 (2006/962/CE) relativa a competenze chiave per “l’apprendimento permanente”. Nel documento, che risulta straordinariamente cogente e che deve divenire il riferimento costante delle politiche pubbliche, sociali e dell’istruzione/ formazione, sono elencate le “competenze chiave” che ogni cittadino europeo deve poter disporre nella personale “cassetta degli attrezzi”.

Il documento, si inquadra nel processo, iniziato a seguito del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 e conosciuto come ‘strategia di Lisbona’, che, si ricorda ancora, ha come obiettivo finale quello di fare dell’Europa ‘l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo (...)’. Per ottenere questo risultato, è stata fissata (Consiglio europeo, Barcellona marzo 2002) una serie di obiettivi che devono essere raggiunti per il 2010, attraverso l’impegno di tutti gli Stati membri e delle istituzioni europee, costantemente impegnate nel monitoraggio sui progressi fatti e nell’individuazione di ulteriori strategie da adottare.

Gli obiettivi, che sono 13, fanno riferimento a 3 finalità strategiche che coinvolgono tutti i settori dell’educazione e della formazione, nella prospettiva di dare vita a un sistema di apprendimento permanente.

Lo sviluppo di competenze chiave, oggetto della Raccomandazione, è uno dei 5 obiettivi che sono stati individuati per ‘rafforzare l’efficacia e la qualità dei sistemi’.

La realizzazione degli obiettivi del 2010 ha richiesto la definizione di un quadro europeo di riferimento per le competenze di base e l’istituzione, da parte della Commissione europea, di uno specifico gruppo di lavoro. Tutto questo è coinciso con un lavoro parallelo sulle competenze compiuto in altri contesti internazionali.

Già, per esempio, il progetto dell’OCSE su “Definizione e Selezione delle Competenze” (DeSeCo) ha basato la riflessione su ciò che dovrebbero essere le competenze di base per la società della conoscenza.

Per quanto riguarda i programmi di studio dell’istruzione obbligatoria, poi, l’indagine di Eurydice, Key competences: a Developing Concept in General Compulsory Education ha sottolineato un interesse crescente per le competenze chiave considerate come essenziali per una piena partecipazione dell’individuo alla vita sociale.

Anche l’indagine internazionale PISA 2003 ha messo in evidenza l’importanza dell’acquisizione di competenze più ampie per la riuscita nell’apprendimento. Oltre alle competenze nella lettura, nella matematica e nelle scienze, questa indagine ha infatti valutato anche competenze trasversali come la motivazione all’apprendimento, i comportamenti e la capacità di ogni studente di individualizzare il proprio percorso formativo.

Tenendo conto anche di questi sviluppi internazionali, il gruppo di lavoro ha definito otto ambiti di competenze chiave, così individuati nella Raccomandazione sopra citata:

  1. Comunicazione nella madrelingua;
  2. Comunicazione nelle lingue straniere;
  3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
  4. Competenza digitale;
  5. Imparare ad imparare;
  6. Competenze sociali e civiche;
  7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità;
  8. Consapevolezza ed espressione culturale.

La Commissione Europea ha adottato i termini competenze e competenze chiave preferendolo a competenze di base, in quanto generalmente riferito alle capacità di base nella lettura, scrittura e calcolo. Il termine “competenza” è stato infatti riferito a una “combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto”. Allo stesso tempo, le “competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”. Dovrebbero essere acquisite al termine del periodo obbligatorio di istruzione o di formazione e servire come base al proseguimento dell’apprendimento nel quadro dell’educazione e della formazione permanente. Si riferiscono, dunque, a tre aspetti fondamentali della vita di ciascuna persona:

  • La realizzazione e la crescita personale (capitale culturale);
  • La cittadinanza attiva e l’integrazione (capitale sociale);
  • La capacità di inserimento professionale (capitale umano).

La Commissione europea ha avviato, poi, un lavoro di monitoraggio co stante, per valutare i progressi che vengono fatti nella realizzazione degli obiettivi stabiliti a Lisbona. I risultati del monitoraggio vengono resi noti attraverso la pubblicazione di rapporti periodici.

Nel documento di lavoro “Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training” (maggio 2006), ad esempio, la Commissione aveva sottolineato che i progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi di Lisbona erano ancora insufficienti, in particolare per quanto riguarda le competenze nella lettura.

Allo stesso modo, tramite questa raccomandazione, la Commissione richiama l’attenzione sulla definizione di riferimenti e principi europei comuni che possano sostenere utilmente le politiche nazionali. Benché tali raccomandazioni non costituiscano un obbligo per gli stati membri, contribuiscono certamente a incoraggiare le riforme per quanto riguarda i diversi aspetti dell’apprendimento permanente.

Il nuovo obbligo di istruzione: cosa cambia nella scuola?

Le competenze chiave sono considerate ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) è una pietra angolare per l’apprendimento, e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento.

Vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento:

  • Pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio
  • Assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave.

Nel mese di settembre, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione sono state emanate istruzioni e regole nuove, fra le quali l’elevamento dell’obbligo a 16 anni. Il Ministro Fioroni ha denunciato che “in Italia il 20.6% dei ragazzi esce dal sistema di istruzione e formazione senza né diploma né qualifica professionale. E 19.000 ‘scompaiono’ dopo essersi iscritti al primo anno superiore.

Sono tassi di “dispersione fisica e mentale” non più tollerabili. L’ascensore sociale è fermo al garage, al piano -1: il sistema formativo italiano deve saper intercettare questa fuga fisica e mentale se vuol far tornare quell’ascensore a salire.

L’equità si garantisce ampliando l’offerta formativa in modo reale per incrociare gli stili cognitivi dei ragazzi e non facendo proliferare ulteriormente gli indirizzi. Non basta ‘stare’ o ‘andare’ a scuola: è cruciale quello che i ragazzi imparano.

Si sancisce così, senza equivoci, la scelta di puntare all’Europa, facendo proprie le competenze chiave per l’apprendimento permanente indicate dall’UE il 18 dicembre 2006. Il regolamento sul nuovo obbligo di istruzione 22 agosto 2007 (G.U. n. 202 del 31 agosto 2007) contiene le indicazioni nazionali sulle competenze e i saperi che tutti i giovani devono possedere a sedici anni, indipendentemente dalla scuola che frequentano.

L’obbligo di istruzione non significa, ancora, che gli studenti possano smettere di studiare a 16 anni. Tutti i giovani devono continuare a studiare fino a 18 anni per conseguire un titolo di studio o almeno una qualifica professionale (resta valido il diritto-dovere all’istruzione e formazione fino a 18 anni). Non è sopportabile oltre che si esca dal sistema di istruzione/ formazione senza diploma o qualifica, con la sola licenza media, nella misura, oltre tutto, ben superiore alla media europea e ancora lontano dall’obiettivo ‘sopportabile’ del 10% fissato a Lisbona nel 2000.

L’obbligo di istruzione è, in sostanza, uno strumento in più per un maggiore impegno ad educare (e non solo ad istruire) i giovani. E’ rappresentato dalle competenze e dai saperi indispensabili - pochi e essenziali - contenuti nel decreto, che elenca, specificandole, anche le otto competenze chiave di cittadinanza di cittadinanza. Tutti gli studenti devono acquisirle a 16 anni poiché sono necessarie per la costruzione e il pieno sviluppo della loro persona, per corrette e significative relazioni con gli altri e per una positiva interazione con la realtà naturale e sociale. La scarsa attenzione a queste competenze è una delle principali cause del disorientamento e del disagio giovanile.

Si ritiene utile riproporle, nella formulazione del Ministero:

  1. Imparare ad imparare: ogni giovane deve acquisire un proprio metodo di studio e di lavoro. (Oggi molti di loro si disperdono perché non riescono ad acquisirlo).
  2. Progettare: ogni giovane deve essere capace di utilizzare le conoscenze apprese per darsi obiettivi significativi e realistici. Questo richiede la capacità di individuare priorità, valutare i vincoli e le possibilità esistenti, definire strategie di azione, fare progetti e verificarne i risultati. (Oggi molti di loro vivono senza la consapevolezza della realtà e delle loro potenzialità).
  3. Comunicare: ogni giovane deve poter comprendere messaggi di genere e complessità diversi nella varie forme comunicative e deve poter comunicare in modo efficace utilizzando i diversi linguaggi. (Oggi i giovani hanno molte difficoltà a leggere, comprendere e a scrivere anche testi semplici in lingua italiana).
  4. Collaborare e partecipare: ogni giovane deve saper interagire con gli altri comprendendone i diversi punti di vista. (Oggi i giovani assumono troppo spesso atteggiamenti conflittuali e individualistici, perché non riconoscono il valore della diversità e dell’operare insieme agli altri).
  5. Agire in modo autonomo e responsabile: ogni giovane deve saper riconoscere il valore delle regole e della responsabilità personale. (Oggi spesso i giovani agiscono in gruppo per non rispettare le regole e per non assumersi responsabilità).
  6. Risolvere problemi: ogni giovane deve saper affrontare situazioni problematiche e saper contribuire a risolverle. (Oggi i giovani tendono, spesso, ad accantonare e a rinviare i problemi per la situazione di malessere esistenziale che vivono nell’incertezza del futuro).
  7. Individuare collegamenti e relazioni: ogni giovane deve possedere strumenti che gli permettano di affrontare la complessità del vivere nella società globale del nostro tempo. (Oggi molti giovani non possiedono questi strumenti).
  8. Acquisire ed interpretare l’informazione: ogni giovane deve poter acquisire ed interpretare criticamente l’informazione ricevuta valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni. (Oggi molti giovani sono destinatari passivi di una massa enorme di messaggi perché sono sprovvisti di strumenti per valutarli).

I giovani possono acquisire le competenze chiave di cittadinanza, è detto nella direttiva Ministeriale, attraverso le conoscenze e le abilità riferite a competenze di base che sono ricondotte a questi quattro assi culturali:

  • Asse dei linguaggi: prevede come primo obiettivo la padronanza della lingua italiana, come capacità di gestire la comunicazione orale, di leggere, comprendere e interpretare testi di vario tipo e di produrre lavori scritti con molteplici finalità.
    1. Riguarda inoltre la conoscenza di almeno una lingua straniera;
    2. La capacità di fruire del patrimonio artistico e letterario;
    3. L’utilizzo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione;
    4. Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione;
    5. Padronanza della lingua italiana;
    6. Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti;
    7. Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo;
    8. Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi;
    9. Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi;
    10. Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario;
    11. Utilizzare e produrre testi multimediali;
  • Asse matematico: riguarda la capacità di utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, di confrontare e analizzare figure geometriche, di individuare e risolvere problemi e di analizzare dati e interpretarli, sviluppando deduzioni e ragionamenti.
    1. Competenze di base a conclusione dell’obbligo dell’istruzione;
    2. Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica;
    3. Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni;
    4. Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi;
    5. Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico;
  • Asse scientifico-tecnologico: riguarda metodi, concetti e atteggiamenti indispensabili per porsi domande, osservare e comprendere il mondo naturale e quello delle attività umane e contribuire al loro sviluppo nel rispetto dell’ambiente e della persona. In questo campo assumono particolare rilievo l’apprendimento incentrato sull’esperienza e l’attività di laboratorio.
    1. Competenze di base a conclusione dell’ obbligo di istruzione;
    2. Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità;
    3. Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza;
    4. Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate;
  • Asse storico-sociale: riguarda la capacità di percepire gli eventi storici a livello locale, nazionale, europeo e mondiale, cogliendone le connessioni con i fenomeni sociali ed economici; l’esercizio della partecipazione responsabile alla vita sociale nel rispetto dei valori dell’inclusione e dell’integrazione.
    1. Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione;
    2. Comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali;
    3. Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente;
    4. Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio;

Il regolamento sull’obbligo di istruzione, pur non cambiando gli attuali ordinamenti scolastici, impegna le scuole, soprattutto i docenti, a utilizzare metodologie e modelli innovativi nell’organizzazione della didattica, valorizzando nel contempo la loro libertà di insegnamento e professionalità. Insieme a questo richiede loro una maggiore collegialità perché i giovani raggiungano effettivamente i risultati di apprendimento attesi. Le competenze e i saperi relativi ai quattro assi culturali hanno carattere sperimentale nella prima fase di attuazione dell’obbligo di istruzione, in questo e nel prossimo anno scolastico, in quanto è necessario validarli sul campo attraverso l’esperienza dei docenti prima di metterli a regime. La costruzione di una buona scuola capace di educare dipende soprattutto dal lavoro degli insegnanti e non da proposte “calate dall’alto”.

In questa prima fase proseguiranno i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale nel quadro dell’accordo con le Regioni e gli enti locali del 19/06/03, che sono frequentati da poco meno di 100.000 giovani. Si conta di potenziare i progetti e i percorsi per prevenire e contrastare la dispersione scolastica, da realizzare presso strutture formative di qualità nell’ambito di accordi con le singole Regioni.

Un apposito piano di intervento è previsto per accompagnare, da subito, la realizzazione dell’obbligo d’istruzione. Esso riguarda l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie, la formazione dei docenti e misure di sostegno alle scuole secondarie superiori, il monitoraggio e la valutazione dei risultati progressivamente conseguiti, anche per la diffusione delle pratiche migliori.

L’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione ed anche l’ISFOL collaboreranno all’attuazione del piano, che costituisce una priorità nell’utilizzo delle risorse finanziarie già disponibili sul bilancio del ministero della pubblica istruzione in diversi capitoli di spesa, affinché questa innovazione sia effettivamente praticata nella scuola e non rimanga una mera esercitazione formale “sancita sulla Gazzetta Ufficiale”.

E allora, per “portare tutti i ragazzi e non uno di meno al diploma o alla qualifica professionale” , occorre una risposta alla vera e propria emergenza che è rappresentata dalla selettività/esclusione, una risposta di eccezionale valenza strategica orientata al mix dovuto di progettualità top down (Europa e governo nazionale) / bottom up (il sistema locale di istruzione e formazione, gli enti locali istituzionali, la comunità educante).

Anche qui, con l’esclusivo intendimento di garantire una conoscenza armonizzante sullo stato dell’arte che interessa l’intero paese, si ritiene di annotare due esempi di buone pratiche indirizzate verso gli obiettivi europei:

1. Il piano regionale straordinario dell’Emilia-Romagna per il 2006-2007.

Le scuole primarie e secondarie con sede in Emilia-Romagna, singole o in rete tra loro, possono presentare un progetto da realizzare nell´anno scolastico 2006-2007 per potenziare le azioni di accoglienza, orientamento e tutoraggio a favore degli studenti, promuovere attività con le famiglie per sensibilizzarle e coinvolgerle nelle problematiche della dispersione scolastica, ma anche per sperimentare metodologie didattiche innovative per “rimotivare” gli studenti, agevolandoli nella prosecuzione del percorso di studio e migliorando le loro competenze di base. Tra le azioni previste dal bando, in particolare per gli studenti stranieri, vi sono attività che favoriscono l´apprendimento della lingua italiana e di conseguenza il positivo inserimento nel sistema scolastico regionale, ma anche attività per integrare le diversità culturali e favorire il benessere a scuola.

Tra le azioni ammesse anche interventi di formazione degli insegnanti, che prevedono lo scambio di esperienze, buone prassi, strumenti, conoscenze e competenze efficaci per la lotta alla dispersione scolastica, attraverso il ricorso ad un mix di approcci metodologici e didattici orientati all´innovazione ed al cambiamento.

Premessa

La dispersione scolastica e formativa in Emilia-Romagna si presenta meno preoccupante rispetto alla media nazionale, a conferma dell’impegno del sistema scolastico regionale in tale direzione, in ciò sostenuto dall’attenzione e dall’attività profusi dalla Regione e dagli Enti locali per prevenire l’abbandono precoce degli studi, per contrastare il disagio giovanile, per agevolare l’integrazione scolastica degli alunni in difficoltà, per favorire la maturazione di scelte consapevoli. In tale quadro, tuttavia, cominciano ad emergere alcuni segnali – significativi per il rischio di dispersione che esprimono – che, in ragione della priorità assegnata dalla Regione all’elevamento dei livelli di istruzione e formazione per tutti, vanno raccolti, interpretati, trasformati in efficaci linee di intervento. In particolare, gli esiti scolastici nei primi anni delle scuole superiori rivelano un aumento di studenti bocciati e di studenti promossi con debiti che può essere indice di un crescente stato di difficoltà nell’apprendimento e, più in generale, di un diffuso senso di disagio nella relazione educativa.

Il costante aumento di studenti stranieri nelle scuole dell’Emilia-Romagna, inoltre, se da un lato è primo, positivo segnale di integrazione sociale, dall’altro va accompagnato da progettualità adeguate ad agevolare un inserimento positivo nelle aule (per sé e per gli altri), anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie, la cui atmosfera e la cui situazione restano fortemente impresse nel ragazzo che le porta sempre con sé, anche a scuola; diversamente, può acutizzarsi un generalizzato senso di estraneità nei confronti della scuola e della società che li accoglie, facendo facilmente prevedere una crescita del tasso di abbandono, oltre ad un preoccupante rischio di emarginazione sociale.

Le istituzioni scolastiche sono quindi chiamate ad adempiere alla loro missione educativa, tenendo conto dei continui mutamenti della società e dei fenomeni prodotti dal cambiamento: senza tale consapevolezza, la qualità del sistema scolastico regionale viene messa duramente alla prova. E’ un compito delicato e complesso che, nell’esercizio dell’autonomia loro riconosciuta, le scuole possono affrontare con migliori possibilità di successo, se affiancate dal sostegno delle istituzioni, in particolare Regione ed Enti locali, che, per competenza e convinzione, riconoscono nella prevenzione e nella lotta alla dispersione scolastica un tema prioritario di intervento: ogni giovane che non raggiunge il successo formativo rappresenta una perdita di risorse umane, con conseguenze pesantemente negative per tutta la società regionale nelle sue diverse componenti.

In questa direzione, verso quindi la diffusione di buone pratiche e lo scambio di conoscenze, problemi e soluzioni, si ritiene strategico sostenere la progettazione di azioni di formazione/aggiornamento dei docenti e di tutti coloro che la scuola intende coinvolgere per la realizzazione dei progetti, nei quali infatti tale azione deve sempre essere prevista.

Il tema della dispersione scolastica, inoltre, funge da contenitore di situazioni e motivazioni molto diverse fra loro, che non sempre la singola scuola è in grado di fronteggiare: si ritiene quindi importante incentivare la progettualità di scuole in rete fra loro, affinché dall’agire insieme di più scuole possano emergere piste di lavoro comuni, utili ad affrontare in maniera più incisiva problematiche così complesse.

In ragione di tale complessità, e sempre nella logica di rafforzare le re lazioni fra le autonomie scolastiche ed il territorio in cui operano, è altresì rilevante valorizzare gli apporti dei tanti soggetti che sul territorio regionale hanno maturato esperienze di sostegno e di servizio a favore del continuo miglioramento qualitativo del sistema scolastico e che, in partenariato con le istituzioni scolastiche, possono contribuire ad una proficua realizzazione dei progetti. A tale proposito, vanno in particolare sottolineate le azioni degli Enti locali indirizzate in questi anni a creare le condizioni per affiancare le scuole nel loro compito educativo, ivi compreso l’ambito specifico della lotta alla dispersione scolastica, anche attraverso l’elaborazione di patti territoriali, la messa a disposizione di risorse finanziarie, professionali, strumentali, l’attivazione di sedi o modalità per l’ascolto e la condivisione di problemi e soluzioni.

Un piano quindi dal quale ricavare anche indicazioni sulle azioni ritenute più efficaci e più praticabili dalle scuole, al fine di trarre dalle esperienze concrete elementi per una strategia di sistema, coerente e coordinata, che non si limiti alla lettura del dato statistico, ma sia in grado di interpretarne gli aspetti qualitativi e di intervenire di conseguenza.

Finalità

  • Sostenere l’innalzamento generalizzato dei livelli di istruzione dei giovani e favorire il successo scolastico e formativo attivando azioni anche parallele, complementari e coordinate all’offerta di istruzione, volte a prevenire e contrastare l’abbandono scolastico.
  • Rafforzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche attraverso la realizzazione ed il consolidamento di reti e forme di partenariato che possono essere un valido supporto per lo svolgimento delle attività proprie delle scuole, notevolmente diversificate rispetto al passato.
  • Migliorare la qualità del sistema d’istruzione attraverso una più efficace e coerente corrispondenza fra le risorse a disposizione ed i bisogni espressi dai giovani, attraverso l’implementazione di soluzioni pedagogiche innovative e una maggiore attenzione al ruolo degli insegnanti e di tutti coloro che intervengono nel processo educativo.

Azioni

  1. Potenziamento delle azioni di accoglienza, orientamento/ riorientamento, tutoraggio ed accompagnamento a favore degli studenti, ivi compresa la promozione di attività di raccordo, dialogo e scambio con le famiglie, al fine di sensibilizzarle alle problematiche della dispersione scolastica e di coinvolgerle in azioni positive;
  2. Sperimentazione di interventi, strumentazioni e metodologie didattiche innovative, anche personalizzate e di gruppo, finalizzate a:
    • Rimotivazione degli studenti, con particolare attenzione alla sfera affettivo-relazionale;
    • Acquisizione e attualizzazione delle competenze di base al fine di agevolare la prosecuzione del percorso di studio e, in particolare per gli studenti stranieri, l’apprendimento ed il potenziamento della lingua italiana, al fine di contribuire ad un loro positivo inserimento nel sistema scolastico regionale;
    • Sviluppo di linguaggi espressivi molteplici volti ad integrare le diversità culturali e favorire il benessere a scuola, con particolare riferimento agli studenti stranieri;
    • Attivazione di una didattica per competenze utilizzando in particolare strumenti e materiali prodotti a seguito di esperienze condotte a livello locale e reperibili nel sito www.csc-er.it nella sezione Il dialogo degli apprendimenti.
  3. Realizzazione di interventi di formazione del personale appartenente alla scuola e/o utilizzato dalla medesima per la realizzazione del progetto, finalizzati allo scambio di esperienze, buone prassi, strumenti, documentazione, conoscenze e competenze efficaci per la lotta alla dispersione scolastica, attraverso il ricorso ad un mix di approcci metodologici e didattici orientati all’innovazione ed al cambiamento. Possono presentare progetti le Istituzioni scolastiche primarie e secondarie di I e II grado, con sede in Emilia-Romagna, singole o in rete fra loro. Per l’attuazione del presente Invito è disponibile la somma di Euro 4.581.988,00 di risorse del Fondo Sociale Europeo- Ob. 3 –Misura C2. I progetti verranno finanziati:
    • Fino ad un massimo di 20.000,00 Euro per l’istituzione scolastica che attua il progetto solo nella propria scuola;
    • Fino ad un massimo di 50.000,00 Euro per le istituzioni scolastiche che costituiscono reti di scuole, nelle quali si attuano le azioni previste dal progetto. (Scadenza per la presentazione dei progetti: Martedì 7 novembre 2006)

A. Lotta alla dispersione scolastica, via all’anagrafe degli studenti Al via l’anagrafe degli studenti che segue i loro percorsi e li ritrova se abbandonano la scuola.

L’incrocio di quattro banche dati consentirà alla Regione Emilia-Romagna di dare finalmente concretezza alla lotta alla dispersione scolastica, individuando con precisione i percorsi scolastici ed extra-scolastici dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni, individuandone le scelte e seguendoli fino a che tali scelte – il proseguimento degli studi fino al diploma o la qualifica professionale - non siano compiute.

La “carta d’identità” formativa – la prima pensata e realizzata a livello nazionale – servirà a ricostruire il percorso di tutti i 120mila studenti emiliano-romagnoli iscritti alle terze medie, nonché alle prime tre classi delle scuole superiori del territorio regionale. Sono questi, infatti, gli anni più “rischiosi”, quelli in cui statisticamente è più facile che un ragazzo smarrisca la strada e lasci la scuola. La ricostruzione dei percorsi di ciascuno studente, che trasformerà quelli che ieri erano solo numeri in studenti in carne ed ossa, avverrà grazie all’incrocio di quattro banche dati, a partire da quella di tipo anagrafico dei residenti, che contiene traccia di tutti i ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Questa base di dati verrà incrociata con altre tre: anzitutto quella dell’obbligo formativo, tenuta dalle Province e alimentata dalle scuole, che oltre ai dati sopra descritti contiene anche la scuola frequentata e le scelte compiute dal ragazzo in merito ai percorsi formativi che intende frequentare l’anno successivo.

All’interno di ogni istituto, nei mesi scorsi, un operatore di segreteria si assumerà la responsabilità di immettere i dati degli studenti e le loro scelte secondo una griglia di quattro possibilità: se intende proseguire nella scuola o nella formazione professionale o nell’apprendistato, oppure se non ha fatto ancora nessuna scelta. Confrontando queste informazioni con le altre due banche dati della formazione professionale e dell’apprendistato si potranno confermare o meno le scelte dello studente relative al passaggio a queste due modalità formative.

Diventerà così concretamente possibile la lotta alla dispersione scolastica: infatti se un ragazzo risulterà presente solo nell’anagrafe dei residenti, significherà non solo che non frequenta più la scuola, ma che non ha scelto neppure la formazione professionale o l’apprendistato (percorsi che consentono entrambi di assolvere all’obbligo formativo).

I quattro database verranno “incrociati” tre volte l’anno: a gennaio-febbraio, cioè alla fine del primo quadrimestre (quando i ragazzi di terza media devono scegliere cosa faranno in seguito), alla fine dell’anno scolastico (quando devono confermare la loro scelta), e a settembre, all’inizio dell’anno scolastico successivo. Quest’ultimo incrocio serve a verificare se lo studente è effettivamente presente a scuola.

Una volta riscontrati gli “assenti” dal sistema formativo, si attivano i Centri per l’Impiego delle Province che proporranno attività di orientamento ai ragazzi. Per dare un’idea del lavoro svolto – costato poco più di 300mila euro - e della complessa rete dei soggetti coinvolti, ecco alcunielementi di dettaglio: oltre alla Regione sono coinvolti nel progetto l’Ufficio Scolastico Regionale, le Province e i Centri Servizi Amministrativi e 610 scuole tra medie e superiori.

Attualmente la dispersione scolastica, in Emilia-Romagna, è tra il 9 e il 10%, un terzo di quella nazionale che raggiunge il 30%.

B. Licenza media da recuperare, 1000 ragazzi coinvolti

Sono circa un migliaio i ragazzi tra i 15 e i 18 anni senza la licenza media. Quattrocento di questi sono iscritti ai Centri Territoriali Permanenti: sono all’80% studenti extracomunitari (provenienti per lo più dai paesi nordafricani, seguiti da pakistani, e senegalesi giunti in Emilia-Romagna per effetto dei ricongiungimenti familiari). La maggioranza di loro non ha alcun titolo e presenta problemi di alfabetizzazione linguistica.

Per questo la Regione Emilia-Romagna e l’Ufficio scolastico Regionale hanno sottoscritto un piano per consentire a questi ragazzi l’acquisizione della licenza media. Il piano prevede che siano principalmente i 39 Ctp del territorio regionale, in collaborazione con gli enti di formazione professionale, a completare il percorso scolastico dei ragazzi e, eventualmente, a farli accedere a successivi percorsi professionalizzanti. Ma qualora il ragazzo abbia meno di 15 anni è preferibile - si legge nel testo del piano – “che sia iscritto ad una scuola secondaria di primo grado, ove, anche in corso d’anno è possibile un inserimento con buone probabilità di recupero”.

Per i maggiori di 15 anni, invece, viene giudicata più adatta l’iscrizione a un Ctp. L’accordo stabilisce inoltre che debbano essere garantite, da parte dello Stato, le risorse per l’organico dei docenti che di anno in anno si rendano necessari. Per facilitare l’accesso dei ragazzi, i Ctp avranno la possibilità di organizzarsi in modo flessibile: ad esempio, convenzionandosi con scuole superiori o medie per “avvicinarsi” alla residenza del ragazzo.

Sarà possibile inoltre una eventuale sessione straordinaria per il rilascio della licenza di media nella prima parte dell’anno scolastico.

Per i maggiori di 15 anni iscritti al Ctp va previsto un percorso il più possibile integrato con un ente di formazione professionale, “per favorire – si legge nell’accordo – l’acquisizione di competenze professionali certificabili e spendibili in ulteriori percorsi di formazione e/o istruzione e lavoro”. Sarà dunque possibile attivare un percorso integrato tra Ctp ed organismo di formazione professionale per permettere al ragazzo di ottenere sia la licenza di terza media che la qualifica professionale, anche riconoscendo competenze già acquisite.

2. Un percorso nell’area metropolitana di Roma

Obiettivo generale:

Sperimentare un azione di sistema in grado di arginare l’esclusione sociale dei giovani a rischio di abbandono o che hanno già abbandonato i percorsi scolastici, mediante opportunità di sostegno, istruzione e formazione per un reinserimento scolastico e/o lavorativo, dove il ragazzo sarà accompagnato, nelle varie fasi, per tutta la durata del percorso fino al completo reinserimento.

A chi si rivolge:

Il progetto si rivolge a ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 11 ed i 17 anni a rischio di drop-out scolastico o che hanno già abbandonato il circuito scolastico e/o formativo; trasversalmente si rivolge anche alle famiglie ed alle istituzioni coinvolte.

Metodologia:

Il progetto è diviso in due fasi distinte ma monitorate per la loro integrazione: una di ricerca e l’altra d’intervento. La fase di ricerca prevede l’acquisizione ed analisi d’informazioni inerenti l’abbandono scolastico al fine d’implementare un’indagine partecipata mirata all’osservazione ed alla conoscenza della realtà del singolo ( soggettivo, familiare, ambientale ), basata sull’individuazione di un sistema di valutazione dell’efficacia dei percorsi realizzati per l’inserimento formativo e/o lavorativo. Il monitoraggio degli indicatori di successo e la relativa valutazione permetteranno la definizione di un modello d’intervento che possa essere proposto sul territorio.

Alla base dell’intervento sarà posta la relazione con l’utenza, al fine di instaurare un rapporto di fiducia, qualitativamente significativo, che stimoli la motivazione e permetta una rivalutazione in positivo dei contesti istituzionali, particolarmente quello scolastico.

Fondamentale sarà considerare i giovani nella loro totalità e complessità, stimolando la sfera creativa, intellettiva, emotiva e corporea. I ragazzi saranno attori coprogettuali del loro percorso e parteciperanno all’organizzazione delle varie attività affinché possano confrontarsi tra pari e con adulti potenziando un senso di autoefficacia e di capacità critica.

Il lavoro di rete:

Il progetto si avvalerà della rete esterna per facilitare percorsi di integrazione, ed in particolare amplierà la rete di soggetti correlati per ciò che concerne gli organismi che si occupano di formazione professionale e ospitano al loro interno giovani per l’apprendistato. Parallelamente si utilizzerà la rete interna del CeIS, in particolar modo i servizi rivolti ad adolescenti: Servizio CLUB che offre uno spazio d’intrattenimento ludico/ ricreativo alternativo; Servizio ECO per quei giovani che manifestano problematiche psico-affettive adolescenziali, Servizio GULLIVER che si occupa di prevenzione lavorando a stretto contatto con l’istituzione scolastica; Servizio MENTORE che si propone come centro di prevenzione e di educazione alla salute. Si prevede di sviluppare protocolli d’intesa per la progettazione congiunta e la cogestione dei percorsi d’inserimento con soggetti competenti in materia di formazione ed apprendistato dei giovani.

Chi siamo:

L’equipe impegnata nel progetto è multidisciplinare e comprende psicologi, sociologi, ricercatori, educatori, animatori, insegnanti volontari ed insegnanti distaccati presso il CeIS dal Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR).

Dove:

Il progetto, rivolto a tutto il territorio comunale, ha la sua sede operativa in Via Appia Nuova 1251 all’interno di un’area di circa 10 ettari nella zona di Capannelle nel X Municipio di Roma.

Tale localizzazione, pur essendo periferica al centro cittadino è facilmente raggiungibile con le linee del servizio urbano. Per permettere una maggiore fruibilità, il CeIS mette a disposizione un servizio navetta che collega le stazioni di Metropolitana più vicine alla sede del progetto. L’area dove ha sede il progetto offre un ampio ventaglio di opportunità ai giovani sia a livello culturale che ricreativo. E’ infatti provvista di una palestra attrezzata, un campo di calcio, un teatro, un laboratorio di ceramica con forno annesso, un laboratorio di disegno per fumetti, un laboratorio di arti marziali, un Cybercaffè, un centro convegni dove hanno sede attività formative e di formazione professionale.

La costituzione di un “Osservatorio cittadino sul fenomeno della dispersione scolastica” si inserisce in un più ampio quadro di interventi che l’Assessorato ed il Dipartimento alle Politiche Educative e Scolastiche del Comune di Roma stanno portando avanti, ormai da 7 anni, con le scuole di Roma. In effetti, grazie ai finanziamenti previsti dal Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, istituito dalla Legge 285/97, il Comune di Roma ha impegnato numerose risorse ed energie per migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini più giovani. Tale impegno si concretizza nei progetti del Piano Territoriale Cittadino e, tra questi progetti, quelli rivolti alle scuole hanno una particolare importanza per l’Assesso rato alle Politiche Educative e Scolastiche. Nell’ambito di questi progetti, uno spazio essenziale è stato dedicato al contrasto della dispersione scolastica: Ormai da sei anni si stanno portando avanti interventi specifici, sia per prevenire che per ridurre questo fenomeno. Inoltre sono state realizzate delle ricerche mirate a studiare la dispersione scolastica sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo. A questo punto del percorso, è sembrato importante avviare un vero e proprio Osservatorio cittadino sulla dispersione scolastica, dove far convergere le esperienze, le competenze, le idee, le critiche e le proposte di tutti gli operatori istituzionali interessati, a vario titolo, all’educazione e al successo formativo dei ragazzi e dei giovani. Nell’Osservatorio verranno riportati il lavoro ed i risultati dei progetti attivati da questo Assessorato: dieci progetti specifici per prevenire il fenomeno, gestiti da reti di scuole, e tre progetti gestiti dagli organismi del privato sociale, dedicati a ragazze e ragazzi fuori del circuito scolastico, per rimotivarli allo studio e orientarli nelle opportunità.

Gli obiettivi fissati per il lavoro dell’Osservatorio sono, in linea di massima, i seguenti:

  • Analisi del fenomeno in termini quantitativi e qualitativi;
  • Analisi e valutazione delle sperimentazioni finora realizzate;
  • Individuazione di precise strategie di contrasto;
  • Elaborazione di un modello di intervento;
  • Conoscenza e diffusione delle “buone pratiche”.

I componenti dell’Osservatorio sono stati individuati avendo cura di garantire il contributo di tutte le professionalità impegnate sul problema, ed in particolare è prevista:

  • La rappresentanza di Istituzioni coinvolte nei processi educativi e della formazione professionale;
  • La rappresentanza istituzionale del mondo della scuola;
  • La rappresentanza del privato sociale operante in campo educativo;
  • La rappresentanza delle Istituzioni attive in campo sociale nella prevenzione del disagio degli adolescenti;

L’Osservatorio è aperto a tutti i contributi che potranno venire da insegnanti, genitori, studenti, dirigenti scolastici e da quanti hanno a cuore il successo formativo delle nostre giovani generazioni.

 
credits:CSL Puglia